Come è cambiato il traffico internet ai tempi del Cornavirus?
A più di un mese dall’inizio dell’emergenza globale causata dal Coronavirus la nostra quotidianità è innegabilmente mutata.
C’è chi prosegue il suo lavoro dal salotto di casa, c’è chi ha rispolverato la cyclette o il tapis roulant sepolti in soffitta, o chi ha impresso l’impronta del suo corpo sul divano e la preserva gelosamente.
Qualunque cosa facciamo attualmente, abbiamo in comune il fatto di doverla fare in casa.
Costretti all’isolamento forzato gli italiani si sono riversati sulla rete internet, per informarsi certo ma anche per fare acquisti o trovare un modo per far passare il tempo.
Siamo tutti online
Dall’11 marzo, giorno nel quale l’OMS ha ufficialmente dichiarato il Coronavirus come pandemia, il mondo, tutto, si è fermato. L’invito sollecito e rimanere a casa ed evitare il contatto con altre persone ha prodotto un cambiamento epocale nel mondo che conoscevamo. Come risultato la natura si riprende lo spazio che le era stato tolto e un numero mai visto prima di persone, è costretto a passare la maggior parte del proprio tempo in casa cambiando radicalmente il modo di comunicare e lavorare.
In Italia si è registrato un aumento del 20-40% del traffico internet giornaliero a partire dal 9 marzo, data ufficiale del blocco. Il traffico si dirige per la maggior parte verso i siti di informazione e i social network (30%) ma anche verso la messaggistica istantanea, i video (soprattutto in live streaming) e i giochi.
Le ricerche in Italia
Mapps, fornitore internazionale di una piattaforma cloud di servizi di marketing, nella sua ricerca ha messo in evidenza come siano cambiate le visite ai siti web dei principali settori economici.
Le visite ai portali di informazione sono in costante aumento. Verso la metà di marzo il traffico editoriale in italia è aumentato del 93%, segno della forte necessità da parte della popolazione di acquisire informazioni. Di pari passo il settore degli acquisti online, in particolare per beni di prima necessità, in aumento dell’88% rispetto a inizio anno.
Non è da meno il traffico riguardante gli e-commerce. I prodotti di hobbistica riscontrano una crescita del 212% rispetto all’inizio dell’anno, un dato mai registrato prima. In crescita anche gli ordini per giocattoli (90%) e cosmetici (64%).
Più moderato l’incremento di traffico per il settore dell’arredamento (17%) e dell’elettronica (9%).
Il più penalizzato dalla pandemia è sicuramente il settore turistico che vede un calo importante dall’inizio dell’anno, circa il 34% in meno di traffico rispetto alla media dello stesso periodo.
E le aziende? La riflessione di Vincenzo Cosenza
La ricerca realizzata da BVA Doxa sugli effetti della diffusione del Coronavirus sulle aziende italiane evidenzia che
“il 76% delle aziende italiane segnala che l’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 ha avuto impatti negativi immediati, mentre un’azienda su cinque prevede di riscontrare i primi effetti a partire dal mese di aprile. Per due aziende su tre l’emergenza influirà negativamente sul business domestico, mentre ancora incerti rimangono gli effetti sull’export. Gli investimenti subiranno ridimensionamenti, in particolare quelli dedicati al marketing e alla comunicazione: la metà delle aziende ridurrà le attività pubblicitarie. Nonostante la circostanza in cui è stato introdotto, lo smart working è stato particolarmente apprezzato dalle aziende italiane e per due su cinque proseguirà anche a emergenza finita.”
Vincenzo Cosenza, social media strategist, propone una riflessione per descrivere l’impatto del coronavirus sulle aziende servendosi di una matrice a due dimensioni. La prima per rappresentare lo stato psicologico del management (dalla paura al dinamismo sfrenato) e la seconda per indicare l’approccio al marketing (dai comportamenti più tradizionali a quelli più sperimentali).
Restare in disparte…
Le aziende spaventate sono quelle che vivono l’arrivo del virus come un trauma, indipendentemente dal reale impatto sul fatturato. In questo momento la paura può trasformarsi in paralisi temendo di fare la mossa sbagliata, si preferisce non esporsi. Brand come Purell e Clorox hanno fermato tutte le pubblicità per paura di essere tacciate di opportunismo.
Le aziende attendiste sono quelle più colpite sul fronte psicologico ma dove la cultura aziendale è dinamica. Nella maggior parte dei casi questo “tiro alla fune” porta ad un atteggiamento cauto. Sono aziende nelle quali si approfitta del tempo a disposizione per avviare attività sempre rimandate (ottimizzazione del sito e dei social, analisi dei clienti, creazione di contenuti utili per il periodo post-crisi, progettazione dell’e-commerce, …), e per testare nuovi formati o nuovi spazi di comunicazione.
…O adattarsi al contesto?
Le aziende proattive hanno un approccio manageriale ottimista e pro attivo, pur mantenendo un marketing tradizionale. Parliamo di tutte quelle aziende che, pur restando su un terreno a loro conosciuto, provano ad adattarsi alla situazione lanciando iniziative solidali o spot di incoraggiamento. Tante sono le aziende che hanno cambiato il loro modo di comunicare. Coca Cola e McDonalds incoraggiano a “mantenere le distanze” distanziando i loro iconici loghi mentre Chiquita ha diffuso sui social una versione del suo logo senza la sua mascotte Miss Chiquita con la didascalia “I’m already home. Please do the same and protect yourself. 💛#stayhome” (“Io sono già a casa. Per favore fai lo stesso e proteggi te stesso”).
Infine, le aziende innovative sono quelle più abituate al dinamismo e all’innovazione, anche in fatto di marketing. Nei momenti di crisi sono aziende che tendono a sperimentare, occupando nuovi spazi di azione e nuovi stili di comunicazione. In questo caso parliamo di aziende che hanno deciso di mettere a disposizione la propria tecnologia per la produzione di strumenti utili all’emergenza.
Tra queste possiamo annoverare ad esempio Davines, l’azienda cosmetica con sede a Parma ha cessato la produzione di shampoo (e non solo) per produrre gel igienizzante per le mani. Ferrari e Fiat Chrysler che hanno messo a disposizione gli impianti e l’expertise emiliani, (il Cavallino rampante a Modena e Marelli a Bologna) per supportare la produzione di componentistica e l’assemblaggio dei respiratori Siare Engineering, l’unica azienda italiana produttrice di ventilatori polmonari, nel bolognese a Crespellano.
E tu, che tipo di azienda sei?